Anna dai capelli rossi


Qualità generale:
Qualità educativa:


IDEATORE: Lucy Maud Montgomery
INTERPRETI: X
SCENEGGIATURA: Takahata Isao, Isomura Aiko, Kōyama Seijiro, Chiba Shigeki, Takano Takekuni, Araki Yoshihisa
PRODUZIONE: Nippon Animation
ANNO DI USCITA: 1979
STAGIONI: 1 (50x24’)
PRIMA MESSA IN ONDA: Fuji TV
DOVE SI PUÒ VEDERE ORA: YouTube
GENERE: drammatico

Età cui è rivolta la serie (secondo noi): per tutti
Presenza di scene sensibili: gli episodi 47 e 48, dedicati alla morte di Matthew, sono molto drammatici

CONSIGLIATO DA ORIENTASERIE

Basta cercare Akage no An (“Anna dai capelli rossi”) su YouTube per capire che questa serie animata, prodotta in Giappone nel 1979 e ispirata al romanzo di L. M. Montgomery Anne of Green Gables, è ben lontana dall’essere dimenticata. A giudicare dai commenti in inglese, molti scoprono della sua esistenza dopo aver visto Anne with an E, moderna serie targata Netflix, o i più datati film per la tv di Kevin Sullivan. Questo perché i Paesi anglofoni hanno cominciato a importare anime (i cartoni animati giapponesi) con assiduità solo di recente, cosa che rende difficile, venendo a mancare l’effetto nostalgia, il recupero di opere vecchie di decenni.
Al contrario, è probabile che gli spettatori italiani cresciuti negli anni Ottanta e Novanta, di Anna si ricordino eccome. L’anime arrivò su Rai1 appena un anno dopo la prima messa in onda in Giappone, ed ebbe un tale successo da spingere gli editori a ribattezzare Anne dei verdi abbaini, traduzione letterale di “Green Gables,” con il più familiare Anna dai capelli rossi, che è il titolo usato ancora oggi.
Certo la storia di Anne Shirley – una ragazzina orfana adottata per sbaglio da una coppia che voleva un maschio – tocca corde profonde nel cuore del pubblico femminile, soprattutto di quello più giovane, per cui il libro è effettivamente pensato. Lo aveva compreso Takahata Isao, padre fondatore dello Studio Ghibli – celebre da noi soprattutto per la produzione del maestro Miyazaki – che si occupò dell’adattamento in veste di regista e sceneggiatore. In un’intervista definì Anna dai capelli rossi un capolavoro della letteratura per ragazze, ricco di humour e personaggi umanissimi, a partire proprio da Anne, tredicenne poetica e sognatrice, ma anche testarda e impulsiva, che si commuove davanti ai meli in fiore e va su tutte le furie se qualcuno la chiama “pel-di-carota,” tanto da spaccare una lavagna sulla testa del dispettoso (e segretamente innamorato) Gilbert Blythe. Non più una bambina adorabile come Heidi, protagonista di un’altra famosa serie diretta da Takahata, ma una preadolescente, con i turbamenti e le emozioni tipici di quell’età.
Ovviamente il mondo è cambiato dal 1979, e così il modo di fare fiction. Akage no An non ha molto in comune né con il romanticismo dei film di Sullivan (dove spicca la storia d’amore tra Anne e Gilbert, marginale nel libro), né con l’attualità della serie Netflix (che porta in primo piano i traumi di Anne, affrontando temi caldi come il bullismo o l’emarginazione). Resta comunque un ottimo racconto di formazione, narrato con garbo e delicatezza, che cattura in pieno anche lo spirito dei genitori adottivi di Anne, il timido Matthew e la burbera Marilla Cuthbert, fratello e sorella attempati alle prese con le gioie e le fatiche di costruire una famiglia.

 

 

Approfondimento

L’idea di realizzare adattamenti dei classici della letteratura mondiale è ancora decisamente attuale: opere molto note al pubblico, con trame forti e personaggi archetipici, raggiungono il massimo dell’espressività (e un pubblico più ampio) se raccontate con il linguaggio del cinema e della tv. In particolare, la nostra televisione ha guardato con interesse alla narrativa per ragazzi, soprattutto negli anni di grande sforzo pedagogico successivi alla sua nascita.

Il progetto del World Masterpiece Theater

Mentre in Italia si producevano celebri sceneggiati ispirati alle avventure di Pinocchio o Gian Burrasca, in Giappone si faceva strada il World Masterpiece Theater (Sekai meisaku gekijō), un progetto che prevedeva la creazione di serie animate – una all’anno, a cadenza settimanale – tratte da romanzi per l’infanzia antichi e moderni, con un intento chiaramente educativo. Era il piano di Takahashi Shigehito, fondatore di quella Zuiyō Eizō (lo studio d’animazione di Heidi) che nel 1975 fu ribattezzata Nippon Animation, attiva ancora oggi. Fu appunto la Nippon a produrre Anna dai capelli rossi, assieme a molte altre serie arrivate anche sui nostri schermi, come Conan il ragazzo del futuro o L’Ape Maia. Si tratta di cartoni difficilmente paragonabili a quelli di oggi, sia per via del target (le serie del WMT venivano trasmesse la domenica sera, quando tutta la famiglia si riuniva davanti alla tv), che per i contenuti delle storie, dove di rado veniva omessa la componente drammatica. Questo vale anche per Anna dai capelli rossi, romanzo reso assai famoso in Giappone da Muraoka Hanako, scrittrice e traduttrice popolarissima che lo ricevette in dono da una missionaria canadese nel 1936.

Il processo di adattamento di Anna dai capelli rossi

Muraoka, che era cresciuta in un collegio presbiteriano, s’innamorò del libro e dopo la guerra lo pubblicò con enorme successo. La serie di Takahata, che con Miyazaki lavorerà per alcuni anni alla Nippon Animation, sfrutta e alimenta la fortuna di Anna, ma lo fa con originalità, dando spazio ai temi cari al regista, come il passaggio dall’infanzia all’età adulta, o il contrasto tra la frenesia della città e la semplicità della vita nei campi. Allo stesso tempo, il desiderio di non travisare il senso dell’originale lo spinge a scegliere non la traduzione di Muraoka, poetica e in alcuni punti lacunosa, ma un’edizione scolastica fresca di stampa. Nonostante i tempi di lavoro strettissimi, uniti al perfezionismo maniacale di Takahata, resero la produzione di Akage no An un inferno per lo staff, il risultato finale è sorprendente. Se il romanzo dà il meglio di sé nella commedia, ironica e autoconclusiva, delle avventure della “piccola” Anna, è nella circolarità del racconto che la serie eccelle, tratteggiando la crescita della protagonista anno dopo anno, fino alla sua integrazione nella comunità di Avonlea, una cittadina immaginaria sull’Isola del Principe Edoardo. In questo senso si può dire che Takahata quasi migliori l’ultima parte – quella più triste – della trama, gestita un po’ frettolosamente nel romanzo (del resto, esistono vari sequel sul futuro di Anna). Nella serie invece anche il dolore ha il suo peso, pur senza indulgere nel sentimentalismo. Un adattamento da manuale, tra i più fedeli in circolazione, arricchito da una trascinante colonna sonora e dai disegni aggraziati di Kōndo Yoshifumi, futuro talento, purtroppo prematuramente scomparso, dello Studio Ghibli.

Maria Chiara Oltolini

Temi di discussione

  • Il tema della crescita, non solo della protagonista, ma anche dei suoi genitori adottivi, come Marilla, che si riscopre donna e madre grazie all’amore di Anna.
  • La necessità d’interrogarsi sulle proprie inclinazioni e capacità per scoprire la propria vocazione. Per Anna questa scoperta parte dalla sua grande passione per le storie per diventare una vera e propria vocazione alla scrittura
  • Il legame di amicizia e la necessità di entrare in empatia con gli altri, per coltivare relazioni armoniose e sincere. Nella serie, l’esempio è il rapporto tra Anna e Diana.
  • L’importanza di avere dei buoni modelli di riferimento nella propria crescita: i giovani Allan, il pastore e sua moglie, sono un esempio di spiritualità gioiosa e aperta e la maestra Stacey mostra i vantaggi di un’educazione stimolante.