Tutta la luce che non vediamo


Qualità generale:
Qualità educativa:


IDEATORE: Shawn Levy, Steven Knight
INTERPRETI: Louis Hofmann, Aria Mia Loberti, Lars Eidinger, Hugh Laurie, Mark Ruffalo, Marion Bailey
SCENEGGIATURA: Steven Knight
PRODUZIONE: 21 Laps Entertainment, Pioneer Stilking Films
ANNO DI USCITA: 2023
STAGIONI: 1 (4x51-62')
PRIMA MESSA IN ONDA: Netflix
DOVE SI PUÒ VEDERE ORA: Netflix
GENERE: Thriller, guerra

Età cui è rivolta la serie (secondo noi): >14
Presenza di scene sensibili: diverse scene di violenza, una scena di tortura

Saint Malo, 1944. La cittadina francese è occupata dai nazisti e bombardata dagli americani. Marie-Laure LeBlanc è una ragazza non vedente: dalla soffitta della casa in cui vive sola, ora trasmette messaggi radio al padre disperso, ora si rivolge in codice alla resistenza, col pretesto di intrattenere gli uditori con la lettura di classici letterari. Le sue trasmissioni vengono intercettate dal giovane tedesco Werner Pfennig, incaricato di scovare le emittenti del nemico. Ma Werner nasconde la sua scoperta, poiché la frequenza da cui la voce di Marie proviene è la stessa da cui, tempo addietro, gli giungeva l’amato programma di un misterioso «Professore». Ma nonostante Werner tenti di celare l’esistenza di Marie ai superiori, la ragazza è minacciata dal maggiore von Rumpel, ossessionato dalla ricerca del «Mare di fiamma», leggendario diamante che, si mormora, regalerà l’immortalità al suo possessore.
Basata sull’omonimo romanzo di Anthony Doerr (premio Pulitzer 2015), Tutta la luce che non vediamo è una miniserie con un duplice obiettivo: il primo sta nella sua valenza strettamente narrativa, vale a dire il racconto di una storia di resistenza al male. L’altro sta nella sua valenza storico-filosofica: provare a rispondere alla forma specifica che il male ha assunto nel nazismo. Nonostante traduca la complessità del fenomeno nel linguaggio e nell’esperienza di due ragazzi, la storia vuol provare a discernere la sua radice e dunque a darcene spiegazione esaustiva: impresa audace, che ne fa un prodotto nient’affatto immediato da comprendere e da valutare. L’apparente semplicità dei termini e degli avvenimenti sottende infatti concezioni di immensa portata. Concezioni che aprono tante domande quante le risposte che propongono.

 

Approfondimento 

Quale sia «tutta la luce che non vediamo», la storia lo rivela presto: è il lume della ragione, che dimora in un organo, il cervello, immerso nell’oscurità ed invisibile all’esterno, eppure scrigno di un mondo sconfinato. Il che potrebbe sorprendere: la luce di cui si tratta non ha nulla di metafisico, ma è la grandezza della mente umana. Questo è quanto Marie ha ricevuto in eredità da suo padre e dal Professore, di cui lei e Werner sono entrambi stati ascoltatori incantati. Ed è a questa umanità cresciuta nell’amore per la conoscenza – per la scienza innanzitutto, più in generale per «verità e bellezza» – che è affidato il compito di sconfiggere il nazismo. Difatti, il sistema educativo del Terzo Reich – in cui Werner è stato allevato – è descritto come ostile a verità e bellezza, temute come fossero veleno. A prima vista, i suoi funzionari sembrano professare la cancellazione della mente in quanto tale, in nome del primato dell’azione, indispensabile a trasformare gli allievi in macchine d’assalto: un apprendistato, in apparenza, tutto proteso alla massimizzazione della prestanza fisica, in nome di un superomismo nietzscheano (espressamente citato) inteso come potenziamento biologico. Ma, a ben guardare, non è di annullamento della mente tout court che vive la pedagogia nazista: se già l’anelito a sfondare i limiti imposti dalla materia (nello specifico, dell’anatomia umana) ha il sapore di una rivalsa del pensiero sul dato reale, ancor più la ricerca del «Mare di fiamma» da parte di von Rumpel viene descritta come la pura e semplice fantasticheria delirante di un uomo che cerca l’immortalità nella favola. C’è troppa mente nel Terzo Reich, non troppo poca: a mancare è piuttosto un certo uso della mente, vale a dire il già citato lume della ragione, soppiantato dalla superstizione. Nell’organizzazione del racconto, il primo è ciò che rende umano l’uomo; la seconda, invece, dell’uomo ambisce a sbarazzarsi, per ricrearne la natura e tramutarlo in un Oltre.

Ragione, bellezza e verità

E qui interviene il primo interrogativo: la celebrazione della ragione umana, raccontata come la meraviglia di una mente che scopre e s’innamora di sé stessa, non rischia forse di far di quest’ultima una camera chiusa tale e quale quella dell’avversario? A suggerirlo son diversi indizi, non ultimo il fatto che Marie e Werner riconoscono al Professore non solo l’insegnamento della ragione, ma quello dell’immaginazione: di che genere di facoltà immaginativa parliamo? In che cosa si distingue dal vaneggiare di un von Rumpel? Non c’è forse il pericolo di scivolare nel terreno del nemico? È pur vero che alla radice di verità, bellezza e ragione – i tre termini che più ricorrono nel descrivere il lascito del Professore – sta la meraviglia di cui sopra; meraviglia che, nelle parole di Werner, si nutre di fatti e non di opinioni. Ma l’ambiguità permane: non mancano risvolti che fanno supporre che la verità venga considerata non una proprietà dell’essere (dei «fatti»), ma del pensiero. Che la ragione dei protagonisti non cerchi qualcosa al di fuori di sé, ma che coincida essa stessa con l’oggetto cercato.
La stessa cecità di Marie, oltre ad assolvere il compito narrativo di renderla ancor più vulnerabile al suo nemico (e di dare a questi una ragione in più per combatterla: la disabilità), è il chiaro simbolo di una speciale veggenza (come quella di un Tiresia o di un Omero) di cui lei gode. Il dubbio è che tale simbolo nasconda un invito, foss’anche involontario, a spegnere gli occhi sul mondo esterno per consultarsi solo con le proprie idee.

Tante domande, risposte difficili

Se sia questa o un’altra la posizione che, in ultima analisi, la storia assume, non è una conclusione facile da trarre. Si potrebbe infatti obiettare che il racconto non tratta il sapere come materia di pura meditazione interiore, ma come connaturato alla sua trasmissione. Difatti, se Marie e Werner, pur così giovani, sono così tenaci, non è in quanto dotti, ma in quanto figli: ogni vero insegnante è vero padre, e viceversa. Se ne dedurrebbe perciò che la vera sapienza è riconoscibile in quanto genera, tesse rapporti, edifica la comunità degli esseri umani: la superstizione del Terzo Reich, al contrario, non si fa scrupolo di eliminare le persone come fossero mosche. Da non trascurare è anche il fatto che, a ben guardare, la storia getta semi di “superstizione” in altri personaggi all’infuori di von Rumpel; così come sembra tracciare ulteriori linee di distinzione, oltre a quella che già separa Werner dai suoi superiori, in ciascuno dei due campi avversari (Francia-Germania). Entrambe le cose potrebbero dunque ripercuotersi sulla lettura dell’opera, sulla sua interpretazione del nazismo e del suo antidoto. Il dibattito potrebbe durare a lungo.
Una cosa è senz’altro chiara, e cioè la domanda ultima che Tutta la luce che non vediamo pone: esiste una luce in grado di fendere anche l’oscurità più densa?

Marco Maderna

 

Temi di discussione

  • La ragione e la conoscenza come antidoto al male;
  • La ragione e la conoscenza come generatori di figliolanza e di comunione tra esseri umani;
  • L’essenza del nazismo.