CONSIGLIATO DA ORIENTASERIE
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La terza e conclusiva stagione di The Kominsky Method parte decisamente in salita. La defezione di uno dei due coprotagonisti assoluti – Norman Newlander – scardina di fatto il maccanismo principale su cui si reggeva la serie e si rende quindi necessario trovare personaggi vecchi e nuovi che suppliscano alla (pesante) mancanza di Alan Arkin. Il racconto si apre proprio con il funerale di Norman e le varie diatribe – tra il serio e il faceto – che si verificano per la gestione della sua milionaria eredità, affidata alle cure sapienti dello storico amico Sandy. I parenti dell’agente ebreo appaiono ancora più sciroccati e avidi del solito, per non parlare dell’ultima compagna di Norman. Più spazio avranno le linee riguardanti la figlia di Sandy e il compagno, così come la ex moglie di Kominsky, dottoressa pionieristica già conosciuta nelle precedenti stagioni che torna a Los Angeles nascondendo un segreto.
L’ironia mordace e appuntita rimane un costante punto di forza e la troviamo qui applicata a temi della stretta attualità come il politicamente corretto o le problematiche di genere. Nonostante, insomma, la serie abbia subito notevoli sconquassi, la terza stagione riesce comunque a mantenersi fedele ai temi che l’avevano caratterizzata, declinandoli in modo differente. Sandy ha sicuramente perso un amico e una colonna ma non la voglia e l’opportunità di mettersi in gioco, anche in tarda età. La risorsa sono sempre gli altri, con i loro limiti e le loro inaspettate qualità. E le soddisfazioni, alcune delle quali attese davvero per una vita, non tarderanno ad arrivare.
Gaia Montanaro
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