Strappare lungo i bordi


Qualità generale:
Qualità educativa:


IDEATORE: Zerocalcare
INTERPRETI: voci di Zerocalcare, Valerio Mastandrea
SCENEGGIATURA: Zerocalcare
PRODUZIONE: Movimenti Production, Bao Publishing, DogHead Animation Studio
ANNO DI USCITA: 2021
STAGIONI: 1 (16-22')
PRIMA MESSA IN ONDA: Netflix
DOVE SI PUÒ VEDERE ORA: Netflix
GENERE: commedia, drammatico

Età cui è rivolta la serie (secondo noi): >16
Presenza di scene sensibili: linguaggio scurrile, uso di droghe, suicidio

Zerocalcare, uno dei fumettisti più noti del panorama italiano, è approdato su Netflix con la serie Strappare lungo i bordi, che è rapidamente schizzata in cima alle classifiche nazionali.
Un prodotto insolito per i nostri standard, a partire dal fatto che si tratta di una serie animata per adulti (è vietata ai minori di 14 anni). Il pubblico di riferimento di Zerocalcare, alias Michele Rech, sono soprattutto i nati fra gli anni ’80 e ’90, quella generazione a cui lui stesso appartiene e di cui ha saputo raccontare con meravigliosa ironia i limiti e le ansie. I sei brevi episodi, che ripercorrono in maniera apparentemente caotica la crescita di Zero nel ben poco pittoresco quartiere di Rebibbia, si trasformano infatti in una panoramica delle grandi paure che tengono in scacco una generazione, impedendole di diventare propriamente “adulta”: la difficoltà a trovare lavoro, a instaurare relazioni con gli altri e più in generale a prendersi il rischio e la responsabilità di vivere la propria vita. 
Partendo da argomenti apparentemente semplici e banali (come l’eccesso di pensiero che rende impossibile scegliere una pizza piuttosto che un’altra) si arriva ad affrontare temi molto delicati, ma solo sul finale si comprende l’orizzonte dentro cui inserire tutti i frammenti visti fino a quel momento. E si capisce che quello che sembrava solo uno strabordante flusso di coscienza fatto per divertire seguiva in realtà un disegno ben preciso, in cui ogni tassello ha un suo significato.

 

 

Approfondimento

L’impatto con i primi minuti della serie può risultare un po’ straniante per chi non ha familiarità con i fumetti di Zerocalcare o non ha avuto occasione di guardare qualche episodio di Rebibbia Quarantine (i mini-corti animati che a cadenza settimanale raccontavano il suo lockdown nella periferia di Roma). Il ritmo sostenuto, lo spiccato accento romano e la presenza pervasiva della voice over dell’autore, che accompagna tutta la storia e doppia tutti i personaggi, infatti, è una scelta ardita ma molto azzeccata per trasportare immediatamente dentro quello che è il dramma del personaggio e la fonte di tutta la sua comicità: l’impossibilità di vivere fuori dalla propria testa e instaurare un vero dialogo con qualcuno che non sia la sua coscienza ipertrofica a forma di armadillo (quest’ultimo infatti è l’unico personaggio dotato di voce propria, o meglio, ha preso in prestito per l’occasione quella di Valerio Mastandrea).

Un lungo percorso di crescita

Queste scelte stilistiche così marcate sono il vero punto di forza della serie, e catturano lo spettatore più ancora del suo contenuto che, almeno nei primi episodi, rimane abbastanza misterioso: un viaggio che Zero deve affrontare insieme a Sarah e Secco, gli amici di una vita, diventa l’occasione per divagare in lungo e in largo, ripercorrere il suo percorso di crescita (o meglio, la collezione di fallimenti che l’hanno portato ad essere la persona che è oggi), ma anche la nascita delle amicizie fondamentali e del suo amore platonico e maldestro per Alice… insomma, ogni scusa è buona, pur di non arrivare alla meta.

Non puoi “trova’ fuori quel che me manca dentro”

Questa struttura rispecchia metaforicamente l’inconcludenza che ha costituito il tratto dominante dei primi trent’anni di vita di Zero: infatti, se fino all’adolescenza era convinto che bastasse strappare lungo i bordi di una linea già tracciata per dare la giusta forma alla propria vita, presto si è dovuto rendere conto che le cose non sono così semplici. È molto facile immedesimarsi nelle sue battaglie per trovare i primi lavori (e poi non vedere l’ora di liberarsene) o per invitare una ragazza ad uscire ai tempi dei primi social network, ma a momenti di esilarante flusso di coscienza a sfondo sociale se ne alternano altri di disarmante sincerità in cui il protagonista sa benissimo che non può “trova’ fuori quel che me manca dentro”.
A rendere l’ironia della serie così piacevole, è proprio il fatto che sia pungente ma mai distaccata, perché l’unico vero bersaglio della sua critica è proprio il suo alter ego in forma di personaggio (in cui tutti, prima o poi, si finisce con l’identificarsi): solo lui ha il potere di decidere di uscire dal suo turbine di pensieri e iniziare a vivere la sua vita. Anche col rischio che sia un “accollo”.

Giulia Cavazza

Temi di discussione:

  • Le difficoltà dei giovani (e meno giovani) a costruire la propria vita in un orizzonte progettuale e a prendersi il rischio di viverla pienamente;
  • Il tema della responsabilità e del senso di colpa, e di come questo possa condizionare le nostre decisioni;
  • Il ruolo dell’amicizia nella definizione della propria identità.