Fausto vive a Roma ed è un malato terminale che tenta disperatamente di trovare chi possa prendersi cura dei due figli quando lui non ci sarà più, non volendo lasciarli alla ex-compagna Sarah. La narrazione intreccia presente e passato, raccontando la forza di volontà di Fausto in relazione alle diverse persone che fanno parte della sua vita. La serie esplora il mondo degli affetti e della genitorialità, creando volontariamente intorno alla figura del protagonista una famiglia non convenzionale.
Fausto è un ragazzo solare, intraprendente, anche molto responsabile. Abita a Roma, ma la sua famiglia vive a Napoli, dove la madre Lucia fa la parrucchiera e il fratello è coinvolto da qualche tempo nel piccolo traffico di droga, da cui è anche dipendente.
Dallo stesso paese vengono anche Demetrio e Maria, amici da una vita di Fausto. Maria ne è sempre stata segretamente innamorata, ma i due non hanno mai intrapreso una relazione stabile.
Fausto, infatti, nel corso della sua vita si è poi innamorato perdutamente di Sarah, con cui ha avuto due figli, ma che poi ha lasciato quando la donna ha cominciato a dare segnali di instabilità emotiva e psicologica.
Tutti i personaggi vengono progressivamente riuniti a Roma da Fausto, nel momento in cui l’uomo scopre di avere una malattia terminale e cerca disperatamente di creare una rete di sostegno per i figli, che si rifiuta di dare in affidamento alla madre.
Alla sua morte il variegato gruppo rimesso insieme alla bell’e meglio da Fausto viene incaricato di occuparsi dei bambini, e la sfida è proprio quella di riuscire a supportare i ragazzi come una vera e propria famiglia.
La storia si ispira, come ha dichiarato uno degli autori, al concetto di tribù e di famiglia non convenzionale, riprendendo in qualche modo gli ideali di Michela Murgia.
Ciascuno dovrà barcamenarsi tra i problemi personali e questa nuova veste di genitore improvvisato, decidendo progressivamente se accettare la responsabilità collaborando con gli altri, o gettare la spugna e tornare alla propria vita, lasciando i ragazzi al loro destino, in casa famiglia, o con una madre tutt’altro che affidabile.
La commedia dolce-amara è un po’ il registro di tutta la storia. I protagonisti sono personaggi caratterizzati da profonde insicurezze e instabilità, ma anche da un grande cuore, che li rende amabili tanto da finire per credere che ce la possano fare davvero.
Ma, osservando bene oltre la favola, in realtà nessuno di loro si assume mai davvero il ruolo di genitore, troppo presi dalla necessità di farsi una vita propria. Ed anche Fausto, il protagonista, in realtà si svela progressivamente essere un grande egocentrico e accentratore, concentrato sul raggiungimento dei propri obiettivi, anche se buoni, senza mai accorgersi davvero del bisogno di chi ha davanti.
Un racconto che può diventare uno spunto di riflessione per mettere a tema cosa voglia dire veramente essere genitore ed educatore, assumersi una responsabilità.
La malattia invece rimane quasi solo un espediente per riunire l’allegra combriccola, anche se ci si potrebbe chiedere cosa voglia dire rimanere davvero nel cuore di chi si ama anche dopo la morte. Fausto, infatti, per tutta l’ultima parte della sua vita ha registrato messaggi per i propri familiari, tentando di trasmettere tutto sé stesso ai figli e ai propri cari, infondendo coraggio e buon umore. Un tentativo nobile, ma ultimamente forse disperato, perché – come sempre ha fatto anche in vita – Fausto vorrebbe essere sempre il perno attorno cui gira tutta la storia, mentre forse educare, far crescere, vorrebbe anche dire, lasciare andare.
Ilaria Giudici