Ripley


Qualità generale:
Qualità educativa:


IDEATORE: Steven Zaillian, dal romanzo "Il talento di mister Ripley" di Patricia Highsmith
INTERPRETI: Andrew Scott, Dakota Fanning, Johnny Flynn
SCENEGGIATURA: Steven Zaillian
PRODUZIONE: Showtime
ANNO DI USCITA: 2024
STAGIONI: 1 (8x45-76')
PRIMA MESSA IN ONDA: Netflix
DOVE SI PUÒ VEDERE ORA: Netflix
GENERE: thriller

Età cui è rivolta la serie (secondo noi): >18
Presenza di scene sensibili: sporadico uso di alcol, scene violente.

Abbacinante. Uno dei tanti aggettivi formali che si possono accostare a Ripley, miniserie in otto episodi che è l’adattamento seriale del celebre romanzo di Patricia Highsmith – Il talento di Mr. Ripley – già diventato un film nel 1999 con Matt Damon, Jude Law e Gwyneth Paltrow. La storia ha al centro Tom Ripley, contabile newyorkese che vive di piccole truffe, riscuotendo crediti non suoi. L’uomo viene ingaggiato dal signor Greenleaf, facoltoso uomo d’affari che chiede a Tom di recarsi in Italia per andare a recuperare suo figlio Dickie, che sta sperperando da tempo il suo fondo fiduciario dividendosi tra spiagge, dimore di lusso e velleità di pittura. Tom parte per Atrani, sulla costiera amalfitana, e qui trova Dickie insieme alla sua fidanzata Marge vivere una vita di ozio e agiatezza. Capisce ben presto che l’occasione è preziosa: sostituirsi alla vita del giovane rampollo, mutuandone l’identità. Da qui parte il thriller che si snoda per gli otto episodi con compassati (ma efficaci) colpi di scena. È il racconto, via via sempre più tensivo e che lascia dietro di sé una scia di sangue, della follia lucida di un uomo che fa del fascino e delal manipolazione gli strumenti per raggiungere i propri scopi. Rispetto al romanzo e al film che hanno preceduto la serie, Ripley insiste meno sulla componente di psicopatia del suo protagonista (e sul conseguente triangolo di gelosie morbose tra i tre protagonisti) e indugia invece sulla componente thriller e di genere (questo presumibilmente per dare maggior ritmo e sostanza ad una serie che quindi deve reggere un formato più lungo e narrativamente complesso rispetto a quello filmico). Ciò che tiene attaccati allo schermo non è tanto la parabola personale di Ripley – un irredimibile che non ha intenzione alcune di redimersi – quanto, oltre all’estetica sopraffina del racconto, il vedere come e se il truffatore riuscirà a ingannare tutti fino alla fine. Un thriller sofisticato e “alla vecchia maniera”, con qualche passaggio narrativo un po’ datato ma che si regge su uno stile senza tempo.

 

 

Approfondimento 

 

Un racconto esteticamente impeccabile

Ripley è una serie d’autore che si connota soprattutto per il notevole impatto visivo. Il bianco e nero – e tutte le gradazioni di grigio che cesellano le immagini – rendono la fotografia plastica e viva. Mirabile il lavoro del regista, Steven Zaillian, e del direttore della fotografia Robert Elswit (già premio Oscar per Il Petroliere) che rendono il racconto esteticamente impeccabile. C’è una cura assoluta nel posizionamento della macchina da presa, nella ricerca delle inquadrature che sembrano quadri, nella resa dei dettagli che diventano elementi narrativi calibrati. Il bianco e nero dà eleganza e nessuna freddezza al racconto, anzi. Aiuta a creare un’atmosfera, a rendere la storia sospesa nel tempo e a sottolinearne il fascino. Per chi non è particolarmente sensibile all’elemento estetico, le scelte formali e stilistiche possono risultare in qualche caso ridondanti ma per chi invece ricerca in un racconto anche un piacere estetico ne rimarrà conquistato

 

Un thriller “d’autore”

l ritmo del racconto è tutto sommato abbastanza blando, soprattutto nei primi due episodi che sono di fatto un lungo set-up della vicenda senza che si presentino grandi accadimenti degni di nota. Dal terzo episodio la serie si incanala in un genere preciso e la trama acquista più ritmo e una tensione interna costante fino al suo esito. Andrew Scott porta a casa una grande interpretazione (già visto come interprete del prete di Fleabag), così come calibrati ed efficaci sono i ruoli di Dakota Fenning (Marge) e Johnny Flynn (Dickie). Plauso ai diversi attori italiani che compaiono nella serie, in particolare a Maurizio Lombardi che qui interpreta un commissario romano che deve indagare su un omicidio apparentemente connesso a Ripley. I comprimari appaiono tutti ben scelti e con ruoli centrati anche se ovviamente gran parte del racconto poggia sull’interpretazione di Scott, credibile nei panni di un uomo dal fascino discreto ma sempre magnetico (questa è una delle discrepanze rispetto al libro, in cui Ripley era un ragazzo poco più che ventenne). Complessivamente, Ripley è un grande racconto d’autore, con un linguaggio estetico calibrato e che sta pienamente nel genere di riferimento a cui appartiene – ovvero il thriller. Come tale, non presenta una parabola classica nell’evoluzione del suo protagonista (che infatti non evolve durante la narrazione) ma mostra una vicenda avvincente per l’elemento mistery che va a intrecciarsi con l’estetica (il “cosa” accade è subordinato al “come” accade). La vocazione della serie pare quindi essere di puro intrattenimento, raffinatissimo nella confezione e scevro di qualsivoglia altra finalità più di peso dal punto di vista del messaggio. Un gioiellino, da ammirare soprattutto con gli occhi.

Gaia Montanaro

 

Temi di discussione:

  • Il ruolo della verità e della menzogna nella vita di ciascuno.
  • La lealtà verso gli altri.