Non ho mai…


Qualità generale:
Qualità educativa:


IDEATORE: Mindy Kaling, Lang Fisher
INTERPRETI: Maitreyi Ramakrishnan, Poorna Jagannathan, Richa Moorjani, Jaren Lewison
SCENEGGIATURA: Mindy Kaling, Lang Fisher, Aaron Geary, Amina Munir, Ben Steiner
PRODUZIONE: Netflix, Universal Television
ANNO DI USCITA: 2020-in corso
STAGIONI: 3 (30x22'-30')
PRIMA MESSA IN ONDA: Netflix
DOVE SI PUÒ VEDERE ORA: Netflix
GENERE: teen drama

Età cui è rivolta la serie (secondo noi): >14
Presenza di scene sensibili: molti accenni alla sessualità, ma nessuna scena esplicita; uso di alcool

Devi Vishwakumar, una ragazza indiana di 15 anni che vive nella contea di Los Angeles, si ritrova alle prese con le difficoltà d’inserirsi a scuola, le nuove amicizie, le cotte adolescenziali e le mille problematiche della sua età. Spiegata così, la serie Netflix Non ho mai… (Never Have I Ever) potrebbe sembrare uno dei tanti teen drama un po’ scontati, che per colpire devono spingere l’acceleratore sugli elementi di trasgressione. Invece, fin dalle prime battute il tono e le circostanze a volte grottesche in cui si svolgono le vicende della protagonista fanno la differenzaNon ho mai… è una serie originale che ha il merito di affrontare con un tocco lieve e ironico temi come le relazioni affettive, l’amicizia, il rapporto con le proprie tradizioni, ma anche l’elaborazione del lutto e il confronto con la disabilità. Accompagnati dalla voce narrante di John McEnroe, celebre per i suoi attacchi di nervi durante le partite, impariamo a conoscere la complessa personalità di Devi che – proprio come il campione di tennis – ha grossi problemi a trattenere le sue reazioni, spesso eccessive. Nel corso della prima stagione la protagonista imparerà a convivere con se stessa e con gli altri in un percorso ricco di episodi divertenti, rivolto non soltanto al pubblico dei più giovani.

 

Approfondimento

Non ho mai… è stata ideata dall’attrice e autrice Mindy Kaling, tra le protagoniste della serie The Office e di recente accanto a Emma Thompson nella commedia E poi c’è Katherine, che ha dichiarato di essersi ispirata a episodi autobiografici. Il curioso titolo fa riferimento a un gioco diffuso tra gli adolescenti, in cui tra una bevuta e l’altra si confessa al gruppo qualcosa di personale. Nella serie ogni puntata affronta in modo non convenzionale una situazione tipica della vita di un’adolescente (fra i titoli: “Non mi sono mai ubriacata con i ragazzi più popolari”, “Non ho mai detto grandi bugie” o “Non ho mai fatto arrabbiare tutti quelli che conosco”, ma anche “Non mi sono mai sentita super-indiana”)  e la risolve con trovate divertenti, che hanno il merito di suscitare anche qualche riflessione.

Tra comicità e introspezione

Il tono agrodolce caratterizza la serie fin dal primo episodio, in cui Devi assiste alla morte improvvisa del padre Mohan e per lo shock si ritrova paralizzata su una sedia a rotelle. Da qui parte una narrazione che oscilla di continuo fra sequenze di pura comicità  – con situazioni esilaranti, come lo strano incontro della protagonista con un coyote a una festa di liceali – e la  ricerca di un significato più profondo. Per Devi resta fondamentale il rapporto con il padre, che riappare in casa in alcuni momenti come se fosse ancora presente, mentre con la severa madre Nalini la relazione è piuttosto conflittuale. I nodi si scioglieranno ma ci vorrà tempo, e il contributo insospettabile di John McEnroe, il cui singolare ruolo nella vicenda trova piena giustificazione soltanto alla fine.

Il rapporto delle proprie tradizioni con la società odierna

Per Devi è problematico anche il rapporto con le tradizioni indiane, osservate strenuamente dalla comunità che la sua famiglia frequenta (“non lasciar cadere in terra il libro, se no devo  riportarlo a benedire dal bramino”, è il rimprovero che le rivolge la madre alla vigilia del primo giorno di scuola) e in omaggio alle quali la bella cugina Kamala dovrà sposare un ragazzo deciso per lei dai genitori. Ma la soluzione non sarà del tutto scontata e comporterà un ripensamento sul ruolo di quelle radici anche in una società che sembra ignorarle come quella americana.

Genitori e figli, una crescita insieme

Il tema delle relazioni affettive è trattato in modo solo apparentemente superficiale all’inizio della serie, ma poi la narrazione prende una piega inaspettata. Chi sembrava attratto soprattutto dall’aspetto esteriore viene costretto dalle circostanze a cambiare idea e chi pareva sicuro di sé e totalmente autosufficiente rivela una sua profonda fragilità. La serie riesce così a far emergere il lato più autentico dei personaggi, ancora adolescenti spesso segnati da un rapporto molto difficile con genitori perlopiù inadeguati.
Non manca un accenno alla questione dell’omosessualità femminile, nella quale si trova coinvolta una delle amiche della protagonista, e ai difficili rapporti all’interno della scuola, che rasentano forme di bullismo.

Stefania Garassini

Temi di discussione

  • La ricerca della propria identità nella fase dell’adolescenza;
  • Il ruolo dei rapporti familiari;
  • La difficile costruzione di relazioni affettive significative negli anni del liceo;
  • Il legame ambivalente con le proprie radici culturali;
  • L’integrazione degli immigrati in una società multietnica.