1919. Benito Mussolini, giornalista e direttore del Popolo d’Italia, cacciato dal Partito Socialista per il suo favore all’interventismo dell’Italia nella Grande Guerra, a conflitto terminato fonda un nuovo movimento politico, raccogliendo il dissenso dei reduci: i Fasci di Combattimento.
I pochi presenti al suo discorso sono i sopravvissuti di un conflitto definito “inutile massacro” dalla Chiesa e licenziati da uno Stato che nega ai suoi soldati la pensione. Arditi abituati all’assalto “pugnal tra i denti, le bombe in mano” messi in panchina, insieme a feriti e moncherini: gli avanzi di una vittoria “mutilata”, come l’ha chiamata Gabriele D’Annunzio, il poeta soldato, l’unico ad ascoltare il lamento dei militari derelitti. L’unico, fino a quel 24 marzo 1919, quando quell’avanzo del Partito Socialista arringa la scarna adunata in una piccola sala riunioni di Milano, nei pressi di Piazza San Sepolcro. Chi c’era quel giorno verrà ricordato come “sansepolcrista”… ma passeranno alla storia come fascisti.
Dalla sua fondazione al delitto Matteotti: una serie coraggiosa sull’ascesa del Duce, che non ha paura di mostrarlo come un “tragico buffone”, come lo stesso Mussolini chiamò Hitler troppo tardi nel 1943, quando i buoi e troppi morti erano ormai scappati.
M – Il figlio del secolo è una serie ambiziosa tratta dal romanzo storico di Antonio Scurati, che si propone di raccontare la genesi del fascismo tramite il corpo e la voce del suo fondatore, interpretato da un ipnotizzante Luca Marinelli, diretto in modo grottesco ma spettacolare dal regista Joe Wright, che già si era cimentato con la Storia ne L’ora più buia. M è una serie che porta a discutere e approfondire un periodo storico spesso trascurato, ma la sua visione è consigliata a un pubblico adulto per la complessità dei temi trattati e la violenza delle immagini.
Si è molto discusso nei giorni successivi all’uscita dei primi episodi, soprattutto sulla filologia del racconto. Antonio Scurati ha sottolineato più volte che il suo romanzo è storicamente documentato e autorevolmente testimoniato da più di una fonte, basando i suoi capitoli su lettere, documenti, articoli e diari dei vari protagonisti di quegli anni. Le critiche sono state però mosse comunque, additando la serie di una marcata lontananza alla realtà: uno stile grottesco, con un Mussolini reso una macchietta e i suoi seguaci delle caricature.
Il romanzo, in effetti, spoglia Mussolini di qualsiasi epica, mostrandone l’umanità più bestiale. Come gli animali, egli “sente il tempo che viene”, e lo stile teatrale di Wright si abbina perfettamente alle caratterizzazioni di Scurati, anche grazie alla sceneggiatura di Bises e Serino. La scelta poi di rompere la quarta parete, con Mussolini sempre a spiegare avvenimenti ed emozioni al pubblico, a molti è sembrata una vera e propria lezione di storia da parte degli autori.
Ma di lezione non si tratta, bensì di cinema, anche se nelle prime puntate molto parlato. Sarebbe come dire che Chaplin ha spiegato il nazismo ne Il Grande Dittatore. Nel celebrato film di Chaplin uscito nel bel mezzo della Seconda Guerra Mondiale, la caricatura di Hitler non fu scambiata per una rappresentazione storica poco attendibile, ma riconosciuta per quello che era: una riflessione sul potere e un suo dileggio, dove il tiranno è mostrato come un bambino capriccioso che gioca con il mondo.
Claudio F. Benedetti
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