La regina degli scacchi

La Serie, ambientata negli anni ’50, racconta la vita di Beth Harmon a partire dalla sua infanzia in un orfanotrofio femminile che distribuisce quotidianamente pillole tranquillanti alle ragazze, il che si trasforma in una dipendenza. Scopre il suo talento negli scacchi grazie al custode dell’orfanotrofio, con cui inizia a giocare nel seminterrato dell’edificio. Pochi anni dopo, Beth viene adottata da Alma Wheatley e suo marito in Kentucky. Nella sua nuova città, Beth decide di iniziare a partecipare a tornei di scacchi, nei quali vince molte partite. Lungo la sua strada diventa sempre più famosa, ma al tempo stesso deve cercare di combattere contro la sua dipendenza da farmaci e alcool, che le impediscono di prendere il controllo della sua vita da campionessa degli scacchi.
Le emozioni, il carattere e le intenzioni dei personaggi vengono messe in chiaro sia dai dialoghi, le espressioni e gli atteggiamenti dei personaggi, ma anche da flashback. Nella serie troviamo due tematiche principali: la prima tematica educativa riguarda il problema dell’abuso di alcool e psicofarmaci, la seconda è la rivalsa della figura femminile in un ambito prettamente maschile, la quale è tuttora argomento di dibattito. La serie vuole incentivare nelle donne la speranza di emergere in contesti a loro sfavorevoli, come quello degli scacchi per Beth, che matura fiducia in se stessa durante le sue numerose rivincite contro gli avversari che inizialmente l’avevano battuta. Un altro elemento da analizzare è l’ambiente che si trova sia nella sua famiglia naturale che in quella adottiva, in cui non compare un appoggio solido e affettuoso attorno a lei: in particolare nel rapporto con la madre adottiva, nel corso della serie si scopre che la donna, nonostante all’inizio sembrasse amorevole, sfrutta in modo opportunistico il successo e le ricompense della figlia adottiva.
Per quanto riguarda le inquadrature sono chiare, curate e aderenti alla narrazione; insieme all’uso della luce, forniscono una rappresentazione efficace per lo spettatore, creando suggestioni visive ed emozionali. Il colore è usato in modo mirato in base all’ambientazione: da una parte l’orfanotrofio scuro e cupo evidenziato dalla scala dei grigi, dall’altra, la casa della famiglia adottiva caratterizzata da colori vivaci e sgargianti. Infine, i colori delle ambientazioni durante le gare di scacchi variano, poiché si trova un aumento d’intensità, contrasto tra bianco e nero, diminuzione della luminosità dato dalla crescita della tensione durante le competizioni. Bisogna notare anche l’uso dell’inquadratura che focalizza le mosse e gli sguardi dei giocatori, dando la sensazione allo spettatore di essere di fronte all’avversario. Attenta è anche la scenografia: la ricostruzione degli ambienti e la scelta degli arredi è curata e coerente con il periodo storico dell’ambientazione. È bene rilevare, inoltre, l’attenzione per l’abbigliamento della protagonista che, sia nei colori che nelle forme, allude al gioco che l’ha appassionata per tutta la vita. Da apprezzare la musica, molto originale e composta appositamente per la realizzazione della serie; essa comprende 38 brani scritti da Carlos Rafael Rivera. Ritroviamo anche effetti speciali, utilizzati per rendere chiara la comprensione dei pensieri e stati d’animo della protagonista.
“La regina degli scacchi” è un esempio di determinazione nel perseguire i propri sogni e obbiettivi; trasmette anche un modello di una giovane donna che non si lascia intimidire in un ambito prettamente maschile, come il mondo degli scacchi.

4 stelle su 5 con una qualità educativa discreta, adatto ad un pubblico maggiore ai 14 anni.

Soraya Castrignano (4E), Giulia Corsi (5E), Mattia Marconi (4E), Giulia Moggia (5E)