Roderick Usher è il magnate della Fortunato, un’azienda farmaceutica che ha messo in commercio il farmaco definitivo: il ligodone, capace di cancellare il dolore, dando però una terribile assuefazione che ha creato milioni di dipendenze in tutto il mondo.
Il potere e il tesoro di Roderick, insieme a quello della sorella Madeleine, sono pressoché infiniti. La sua eredità è sulla bocca di tutti e la sua dinastia sembra destinata a un futuro roseo. Senonché, uno a uno, tutti e sei i suoi figli muoiono misteriosamente nell’arco di una settimana.
La caduta della Casa degli Usher è una serie horror, basata sui più celebri Racconti del Terrore di Edgar Allan Poe, che nonostante affronti temi importanti come l’importanza dell’eredità – non solo economica – è consigliata al solo pubblico adulto, per la continua presenza di una violenza inquietante ed efferata.
Otto puntate per entrare nel mondo di Edgar Allan Poe e conoscerne i racconti più famosi, ambientati in un presente vivido. Gli autori prendono spunto dai suoi Racconti del terrore per mettere il pubblico davanti ai vizi imperanti, oggi come quasi duecento anni fa fece il poeta maledetto di Boston. Superbia, invidia, ira, lussuria… ogni figlio di Roderick Usher incarna uno dei vizi capitali, che li porterà alla distruzione.
Ma la morte tragica che incontrano gli Usher non è solo il contrappasso per le loro colpe in vita, bensì la punizione per la madre di tutte le colpe: la scelta del padre di preferire il successo al futuro dei figli.
Il tema più interessante della serie è proprio questo: l’eredità, così attuale al giorno d’oggi. Per la felicità dell’oggi può essere sacrificata la prosperità degli uomini del domani? In senso stretto, i nostri figli?
In un mondo che si interroga sempre più sul mondo che erediteranno le generazioni future, tra crisi climatiche e ricerca spasmodica di materie prime, questa serie risponde rappresentando il quesito in modo fin troppo plastico, in una favola macabra che, proprio come i racconti di Edgar Allan Poe, non è fine a se stessa.
Solo la rappresentazione della violenza appare invece esagerata ai limiti del grottesco. È una scelta autoriale per rispondere negativamente – e spettacolarmente – al quesito di cui sopra, ma che allontana giocoforza il grande pubblico, seppure il tema della famiglia, di ieri e di oggi, rimane centrale.
Claudio F. Benedetti
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