Hollywood


Qualità generale:
Qualità educativa:


IDEATORE: Ryan Murphy, Ian Brennan
INTERPRETI: David Corenswet, Darren Criss, Laura Harrier, Joe Mantello, Dylan McDermott, Jake Picking, Jeremy Pope, Holland Taylor, Samara Weaving, Jim Parsons, Patti LuPone
SCENEGGIATURA: Ryan Murphy, Ian Brennan
PRODUZIONE: Ryan Murphy Productions
ANNO DI USCITA: 2020
STAGIONI: 1 (7x44-57’)
PRIMA MESSA IN ONDA: Netflix
DOVE SI PUÒ VEDERE ORA: Netflix
GENERE: drammatico, storico

Età cui è rivolta la serie (secondo noi): >18
Presenza di scene sensibili: diverse scene a contenuto sessuale, sia etero che omosessuale, nudità, uso frequente di linguaggio volgare, pressioni psicologiche, qualche scena di violenza

Ryan Murphy (autore di serie di successo come Glee e American Horror Story), affiancato da Ian Brennan, firma un nuovo progetto televisivo richiesto da Netflix. I due hanno carta bianca, un ingente investimento e re-inventano la realtà per presentare una loro personalissima visione di ciò che sarebbe potuta essere la Hollywood degli anni ‘40, se solo avesse avuto il coraggio di lottare in nome delle minoranze. Le vicende si intrecciano nelle stanze degli Ace Studios, dove agiscono le ricche e influenti personalità della casa di produzione e gli aspiranti attori, sceneggiatori e registi in cerca di opportunità.
Partendo da fatti realmente accaduti, Murphy introduce nella narrazione gli elementi della finzione, intrecciando le vite di star famose realmente esistite a quelle di personaggi inventati, ma cambiando volutamente il corso della Storia. La mini serie in sette puntate di circa un’ora si apre con Jack Castello, veterano di guerra, con la giovane moglie e un figlio in arrivo, che approda a Hollywood in cerca di successo. Di fronte all’ennesimo rifiuto, Jack si lascia sedurre dalla proposta di Ernie: concedere favori sessuali in cambio di un lauto compenso e mance interessanti per sbarcare il lunario (in attesa della svolta), prestando servizio presso un finto benzinaio dove si cela un giro di prostituzione maschile. Qui conosce Avis Amberg, moglie del capo degli Ace Studios. Sarà lei a spianargli la strada, dando una scossa alla sua carriera di attore. Ernie, invece, lo costringerà a reclutare qualcuno disposto a soddisfare i desideri della clientela maschile, che il giovane si rifiuta di accontentare. Così entrano in scena Archie Coleman, sceneggiatore afroamericano gay, e Rock Hudson, attore di scarso talento e cliente di “Dreamland” (questo il nome in codice per richiedere le prestazioni sessuali presso il benzinaio Ernie). Da qui in poi conosciamo molti altri personaggi che si ritroveranno coinvolti nella produzione di Peg, film sul drammatico suicidio di un’attrice degli anni ‘20, star delusa e dimenticata dal sistema, chiara metafora del senso di solitudine provato da molti dei protagonisti della serie di Murphy.

 

 

Approfondimento

In parte ispirata dalla storia raccontata da Scotty Bowers nel libro Full Service e nel documentario Scotty Bowers, l’amante segreto di Hollywood (Sky Arte), la nuova serie di Ryan Murphy ci sembra il suo progetto più debole, soprattutto per la cifra stilistica e narrativa che lo caratterizza. Tutti i protagonisti sognano il riscatto: Jack vuole essere “qualcuno che conta”; Archie, uno sceneggiatore di talento; il regista Raymond, per metà filippino, vuole “cambiare il mondo con il cinema”, restituendo giustizia alle minoranze; la sua fidanzata di colore Camille, sdoganarsi dal solito ruolo di cameriera per ottenere quello da protagonista; la ricca Claire, dimostrare di saper recitare e Rock Hudson essere amato senza nascondersi. Intorno a loro ruotano molti altri personaggi: lo squallido agente Henry Wilson, la trascurata Avis, il riservato produttore Dick e l’affascinante Ernie. Alcuni di loro hanno ripiegato su comode soluzioni, senza farsi troppi scrupoli morali, quando il sogno del successo si è infranto. Altri hanno raggiunto la cima, ma celandosi dietro una maschera per proteggersi dagli scandali. Per i nostri protagonisti, invece, il destino è ancora tutto da scrivere, ma per “avere successo” è necessario frequentare le feste importanti, come quelle del regista George Cukor, che dopo una certa ora si trasformano in orge, affidarsi al miglior agente, conoscere “quelli giusti”. E molte tra le più importanti figure dello spettacolo transitano quotidianamente dalla lussuriosa “Dreamland” di Ernie, in cerca di un bel giovanotto che venda affetto in cambio di soldi e notorietà. Il cerchio si chiude e una storia nuova comincia…

Il lato più squallido di Hollywood

Per raccontare la Hollywood che doveva essere, Ryan Murphy presenta due facce di una stessa medaglia: quella facoltosa di chi ha potere e può decidere le sorti di chiunque e quella ambiziosa di chi insegue un sogno, incamminandosi, seppur con qualche iniziale timore e debole rimorso, lungo la corsia preferenziale del compromesso, pur di varcare la soglia.
Gli autori mostrano volutamente il lato più squallido di Hollywood, quello dove razzismo e antisemitismo sono all’ordine del giorno, ma anche quello della “cultura dell’intrattenimento” che induce i ragazzi di bella presenza a prostituirsi in nome della fama, senza mai preoccuparsi di analizzarla nelle sue componenti più discutibili. Nulla viene lasciato all’immaginazione nella descrizione di vizi e perversioni dei potenti dello show business, con l’effetto di rendere la serie vagamente spiazzante per chi ben ricorda la Hollywood di quel periodo, e senza tuttavia aggiungere nulla che la possa far diventare appetibile per il pubblico dei più giovani, ai quali è a nostro avviso decisamente sconsigliata.
La serie appare divisa in due unità narrative ben distinte, quasi fossimo di fronte a due mini-serie autonome. La prima tesa a rendere piacevoli gli outsider, segnati da un’infanzia difficile, continuamente mortificati dagli affetti o sminuiti dal contesto, e  adesso “costretti” ad accettare qualsiasi ricatto morale, psicologico o sessuale per raggiungere la vetta. La seconda li rende il motore dell’azione e li accomuna in nome di un obiettivo condiviso: realizzare un film che viaggi in controtendenza, sdoganando i pregiudizi che la società ha contro gli attori di colore, gli omosessuali, le donne e le minoranze. Nella storia di Peg Entwistle, l’attrice che nel 1932 si suicidò gettandosi dalla scritta Hollywood sulle colline di Los Angeles,  si rispecchiano tutti i personaggi disillusi da quel mondo e segnati da un vuoto che spinge a “cercare un modo per sentirsi vivi, importanti, amati e ricordati”. Ma a quale prezzo?

Protagonisti preconfezionati e stereotipati

Il messaggio antidiscriminatorio di Murphy viene sorretto da una struttura narrativa prevedibile. Nel suo tentativo di celebrare quelli che sono relegati ai margini della società, imprigiona i protagonisti in ruoli preconfezionati che non lasciano emergere la loro vera essenza, definendoli così solo attraverso una condizione fisica o sessuale, e quindi di per sé già molto stereotipata. Alla scarsa profondità dei personaggi, si aggiunge uno sviluppo della serie frettoloso, spogliato di qualsiasi principio drammatico, che risolve ogni conflitto in un batter d’occhio e con estrema semplicità. Tutto resta troppo in superficie, i dialoghi sono piatti (“on the nose”, come dicono gli americani), e la pregevole ricostruzione storica di ambienti, costumi, scenografie, la scelta delle musiche o l’interpretazione degli attori non bastano a innalzare i valori di un racconto di pura fantasia che tradisce fin dall’inizio le sue migliori intenzioni.

Marianna Ninni

Temi di discussione

  • Il ruolo del cinema nella società e la sua capacità di incidere sui cambiamenti socio-culturali e orientare il pensiero comune;
  • L’abuso di potere e il compromesso come unica legge del mercato per raggiungere il successo;
  • L’illusione che fama e successo possano colmare il vuoto e il senso di solitudine e garantire la felicità.