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Ideata da Josh Schwartz e Stephanie Savage, ispirata ai romanzi di Cecily Von Ziegesar, Gossip Girl racconta gli eccessi di un gruppo di ricchi adolescenti dell’Upper East Side, che frequentano un’immaginaria scuola privata. La provocante Serena Van Der Woodsen, l’ambiziosa Blair Waldorf, il dannato Chuck Bass, il tenero Nate Archibald e l’intellettuale Dan Humphrey, il solo a vivere a Brooklyn e a far parte della “gente comune”, sono il centro dell’interesse di una misteriosa figura che si cela dietro il nome di Gossip Girl (voce fuori campo di Kristen Bell) e tormenta i protagonisti, pubblicando su un blog pungenti “notizie sulle loro vite scandalose”. L’idea, la narrazione di alto livello, l’estetica del prodotto, impreziosita dalle eleganti location newyorkesi, dai riferimenti culturali e cinematografici e dall’attenzione all’eleganza e al fashion, hanno contribuito al successo della serie che ha fatto presto da apripista a prodotti simili, come la recente spagnola Élite. Da un punto di vista stilistico, la serie si muove su un doppio binario, dove gli elementi tipici del genere teen (amicizia, amori, gelosie, invidie, delusioni) s’intersecano con quelli del genere young adult (sesso, droga, alcool) e con la componente gialla. Per ben sei stagioni lo spettatore resta agganciato, non tanto per l’originalità dei protagonisti o per le trame avvincenti, quanto per la curiosità di trovare una risposta al vero gossip della serie, ossia scoprire l’identità della blogger. Gli adolescenti di Gossip Girl sono moderni, belli, eleganti e disinibiti, vivono in lussuosi appartamenti finestrati con affaccio su Central Park, sono proprietari di interi alberghi, frequentano party esclusivi e sono protagonisti di triangoli amorosi, relazioni sempre complesse, tradimenti, bugie, comportamenti aggressivi e dispute famigliari. Seppur provvisti di ogni mezzo, le loro esistenze appaiono segnate da una sensazione di vuoto, difficile da colmare.
Premiato dal 2008 al 2010 con diversi Teen Choice Awards, Gossip Girl è diventato un vero fenomeno culturale. La serie si è presentata fin da subito come un prodotto provocatorio dove gli adolescenti sono quasi tutti rampolli viziati e superficiali. Nell’originale la storia poggia sul conflitto tra Serena e Blair, nemiche-amiche che si contendono i fidanzati (prima Nate, poi Dan) e si feriscono a vicenda. Intorno a loro gravitano tutti gli altri personaggi, coinvolti in relazioni personali e famigliari problematiche e intrighi di ogni genere.
I pettegolezzi e gli scandali, portati alla luce da Gossip Girl, svelano il lato più tremendo di questi adolescenti: ossessioni, dipendenze, manie che si traducono nel reiterato uso di sostanze stupefacenti e abuso di alcolici, o ricorrenti vendette scatenate da sentimenti di odio e risentimento. La visione d’insieme è per lo più desolante e presenta ragazzi incapaci di amare e di amarsi, sopraffatti da tormenti, da una visione pessimistica della vita e da un perenne senso di insoddisfazione.
Con il procedere delle stagioni, le trame si fanno meno credibili e più ripetitive, poggiano sugli stessi drammi psicologici e sulle reciproche rivalse dei protagonisti, in un continuo tira e molla che si protrae fino all’epilogo finale, dove i personaggi principali, aiutati anche da un paio di figure genitoriali che, sebbene imperfette non si possono descrivere come totalmente negative, mettono da parte i risentimenti e provano a proiettarsi verso un futuro migliore.
Marianna Ninni
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