Considerata una delle migliori serie targate Netflix, Dark è un prodotto che si distingue prima di tutto per una struttura narrativa complessa ma, nello stesso tempo, coerente e inattaccabile. Nell’arco delle tre stagioni (l’ultima è stata rilasciata sulla piattaforma a fine giugno) vengono raccontate le vicende di quattro famiglie – i Kahnwald, i Nielsen, i Doppler e i Tiedemann – sullo sfondo della cittadina tedesca di Winden, in cui i boschi sterminati e la natura incontaminata fanno da contraltare alla centrale nucleare che si erge alla periferia del centro abitato.
Gli abitanti della cittadina – e, soprattutto, i figli adolescenti – si lamentano perché in città non succede mai nulla di interessante. Anzi, arrivano persino a desiderare “un mondo senza Winden”. Quando due ragazzini spariscono nel nulla e il corpo di un terzo viene ritrovato in circostanze misteriose, le loro preghiere sembrano essere state esaurite, ma con conseguenze (e premesse) decisamente più drammatiche di quelle che mai si sarebbero potuti immaginare.
Nonostante alcune lentezze e una complessità narrativa crescente che lo rendono non alla portata di tutti, Dark è un prodotto che si distingue per l’altissimo livello della scrittura, per un casting eccellente e, soprattutto, per essere stato in grado di affrontare un tema non certo inesplorato nel cinema e nelle serie tv – quello dei viaggi nel tempo – con una chiave di lettura completamente nuova e originale.
Protagonista indiscusso di Dark è, senza ombra di dubbio, il tempo e la percezione che noi abbiamo di esso. Grazie all’espediente narrativo dei viaggi temporali, la narrazione può spostarsi nel passato e nel futuro delle quattro famiglie protagoniste, attraversando sei diverse epoche, separate l’una dall’altra da una distanza di 33 anni. Questa, però, non è una pura e semplice differenza numerica, ma un vero e proprio loop temporale, un ciclo destinato a ripetersi all’infinito e ad abbattersi inevitabilmente su Winden e suoi abitanti.
Differentemente dalla concezione comunemente diffusa, in Dark il tempo non è una linea direzionale che va da un punto A a un punto B, quanto piuttosto una struttura circolare. Ciò significa che, malgrado tutti gli sforzi che i protagonisti fanno per scombinare le carte in tavola e liberarsi da questo determinismo, il corso degli eventi non è mai, in alcun modo, modificabile, perché i cambiamenti che provano ad apportarvi, nel futuro sono già sempre e comunque avvenuti. Anzi, in un certo senso, non esiste una vera distinzione tra passato, presente e futuro, perché – proprio come in un cerchio – è impossibile determinare dove si trovino l’inizio e la fine.
Su questa concezione così spaventosa e, nello stesso tempo, così affascinante del tempo e dell’esistenza umana, si innestano numerosissimi riferimenti filosofici, scientifici, fisici e persino biblici. Si pensi, ad esempio, al numero “3”, che nella serie ricorre così di frequente (tre sono le epoche in cui è ambientata la prima stagione, 33 sono gli anni che separano un’epoca dall’altra, tre sono le stagioni totali della serie) e che richiama al simbolo della trinità e alla triade composta da nascita, morte e rinascita. Ancora, molti dei personaggi di Dark hanno nomi biblici (troviamo Jonas, Noah, Adam ed Eva), assegnati non in base a una scelta casuale, ma come riferimento chiaro al fine ultimo delle loro azioni.
Ai riferimenti biblici e religiosi si accostano quelli alle teorie scientifiche di Einstein, Rosen e Novikov e a quelle filosofiche di Nietzsche, in modo particolare alla teoria dell’eterno ritorno dell’uguale, che pone importanti interrogativi da un punto di vista etico e morale: se tutto è un continuo divenire infinito, perché tutto è già accaduto così come doveva accadere, allora che peso hanno le nostre azioni e le nostre scelte? Che senso ha continuare a lottare per provare a cercare una via di fuga da questo ciclo infinito e apparentemente privo di soluzione di continuità?
La risposta a cui Dark giunge alla fine della terza stagione è drammatica ed estremamente complessa. Ciò che diventa progressivamente chiaro agli occhi dello spettatore è che il vero nemico, nella serie, è il Tempo, così potente che finisce per influenzare e determinare persino i concetti di Bene e Male. In Dark, infatti, non esiste un vero antagonista umano: tutti i personaggi finiscono per compiere azioni buone e cattive, ma solo nel tentativo – vano – di uscire da questo meccanismo temporale ciclico che li imprigiona.
Non a caso, il pregio maggiore della serie – al di là del fascino suscitato da un meccanismo narrativo simile a quello di un orologio, in cui ciascuno degli ingranaggi appare perfettamente integrato con gli altri – è quello di suscitare una riflessione morale ed esistenziale (per quanto spesso amara) a partire dal pretesto del funzionamento scientifico del tempo. A dimostrazione che l’unica dimensione su cui possiamo sperare di avere il controllo è il presente, e che quindi conviene viverlo appieno.
Cassandra Albani
Temi di discussione