Bojack Horseman


Qualità generale:
Qualità educativa:


IDEATORE: Raphael Bob-Waksberg
INTERPRETI: Voci di Will Arnett (Fabrizio Pucci), Amy Sedaris (Giò-Giò Rapattoni), Alison Brie (Chiara Gioncardi), Paul F. Tompkins (Massimo Bitossi), Aaron Paul (Andrea Lavagnino)
SCENEGGIATURA: Raphael Bob-Waksberg, Joe Lawson, Kate Purdy, Elijah Aron, Jordan Young, Mehar Sethi and Joanna Calo
PRODUZIONE: Netflix, the Tornante Company, ShadowMachine Films
ANNO DI USCITA: 2014-2020
STAGIONI: 6 (77x25’)
PRIMA MESSA IN ONDA: Netflix
DOVE SI PUÒ VEDERE ORA: Netflix
GENERE: Sitcom animata per adulti, Dramedy, Umorismo nero

Età cui è rivolta la serie (secondo noi): >16
Presenza di scene sensibili: turpiloquio, umorismo nero, allusioni, scene sessuali, droga, aborto (terza stagione), idea del suicidio.

In una Hollywood popolata da buffi umani e animali antropomorfi, Bojack Horseman è un cavallo che ha raggiunto l’apice della popolarità negli anni ’90 recitando come protagonista nella sitcom Horsin’Around. Vent’anni dopo, il pubblico lo ricorda ancora solo per quel ruolo e Bojack ha fatto ben poco per fargli cambiare idea, sprecando l’onda del successo conducendo una vita sregolata e prendendo scelte sbagliate, rovinando la sua immagine e quella di chi ha lavorato con lui.
Per rilanciare la carriera di Bojack, la sua agente ed eterna ex fidanzata –  la gatta Princess Caroline – propone all’attore di scrivere un’autobiografia, puntando sulla sua nostalgia del periodo d’oro. Bojack accetta quando conosce la ghostwriter che Caroline gli ha affidato, la migliore sulla piazza: Diane Nguyen, una vietnamita americana di cui il cavallo si innamora. Non sa però che Diane è già fidanzata con Mr. Peanutbutter, un gigantesco Golden Retriever con il sorriso sempre stampato in faccia, celebre per aver recitato in Mr. Peanutbutter’s House, la serie rivale che fece chiudere i battenti a Horsin’Around.
Bojack Horseman è un cartone animato che tocca temi complessi anche per un adulto. Anzi, il formato utilizzato dalla serie, così pieno di animali e colori, realizzato dalle matite della fumettista Lisa Hanawalt (famosa anche per la serie animata Tuca & Bertie), è un contrasto voluto al nichilismo di Bojack e al cinismo generale della serie. Per questi motivi la sua visione è consigliata a spettatori maturi: i tanti temi affrontati nel corso delle stagioni possono essere terreno fertile di scambio con famigliari o insegnanti adulti. Inoltre, i continui riferimenti e la critica allo show-biz americano possono essere colti più facilmente da chi conosce i settori del cinema e dell’intrattenimento.

 

Approfondimento 

Egocentrico, menefreghista, profondo a parole e superficiale nei fatti, talvolta ingiusto: Bojack Horseman è tutto quello che non vogliamo essere. Bastano pochi minuti dell’episodio pilota per capirlo, lo stesso tempo che serve a realizzare che quel cavallo in jeans e maglione è infelice. Passa il tempo a guardare la serie con cui è diventato famoso, ripetendone le battute a memoria, tra avanzi di pizza e bottiglie di birra vuote, con un coinquilino clandestino come unica compagnia – Todd Chavez, con la voce di Aaron Paul, il Pinkman di Breaking Bad. Bojack è solo: è “amato da tutti, ma non piace a nessuno”. Ma non si può ripetere il passato: Bojack è un Gatsby dei nostri giorni, ma a differenza dell’eroe fitzgeraldiano è consapevole che il sogno americano è solo una truffa.
Bojack si accontenterebbe di stare bene con se stesso, come fa la sua allegra nemesi canina Mr Peanutbutter, sempre gioioso come solo i Golden Retriever sanno essere. Ma Bojack non ci riesce: è in questo suo continuo fallire nella ricerca della felicità, nonostante i suoi numerosi tentativi – arriverà persino a concorrere all’Oscar nella terza stagione – che l’antipatico cavallo diventa irresistibile per il pubblico, facendo di Bojack Horseman una delle serie più guardate su Netflix in tutto il mondo e addirittura la migliore della piattaforma secondo Rolling Stone.

Una panoramica disillusa della società americana e del mondo hollywoodiano

Tuttavia, un successo così ampio non si spiega solamente con l’efficacia del suo protagonista: Bojack Horseman nell’arco delle sue sei stagioni affronta molti temi discussi nella società americana senza mai dare un giudizio definitivo. Dalla guerra al cambiamento climatico, dall’aborto al suicidio, i suoi personaggi prendono delle decisioni in merito, ma spesso se ne pentono, lasciando il pubblico nello sconforto e il senso di fondo di vivere in un universo caotico, dove il confine tra giusto e sbagliato non solo è labile, ma indecidibile, con gli autori che pongono spesso ai personaggi e agli spettatori la questione morale sulla necessità di stabilire o meno tale confine.

Il difficile bilanciamento tra realismo e poesia

Ciononostante, gli stessi autori sanno bilanciare i momenti di buio con pezzi di pura poesia: la terza stagione, forse la migliore, ne è piena, con un finale in bilico tra disgrazia e speranza e una puntata che per molti critici è la migliore della serie. Si tratta della quarta, intitolata Un pesce fuor d’acqua, uno dei migliori episodi televisivi del 2016 secondo la critica, che ricorda Fantasia per il suo stile illustrativo e musicale – realizzato dal compositore Jesse Novak – e il cuore del racconto, che riassume in venticinque minuti i temi principali dell’intera serie: l’incessante tentativo di essere felici e rimediare ai propri errori, l’incapacità di comunicare e la solitudine.

 

Claudio F. Benedetti

 

Temi di discussione

  • La ricerca della felicità: ha (ancora) senso?
  • L’incapacità di comunicare.
  • La solitudine e la nostalgia.