Australia. Belle Gibson è una giovane e celebre influencer, promotrice di una dieta in grado di curare un tumore al cervello al quarto stadio… mai diagnosticato. Belle è infatti una truffatrice, la cui pluriennale architettura di menzogne è prossima a sbriciolarsi. Nel costruire la propria carriera, ha sottratto idee alla blogger Milla Blake, realmente affetta da cancro e promotrice a sua volta di trattamenti alternativi, fondati su benessere e alimentazione. Milla non è l’unica che vorrebbe farla pagare alla sua sleale concorrente, che da tempo inganna e mette a rischio la vita di altre persone. E tuttavia la stessa Milla, fin dall’inizio, nasconde qualcosa…
Basato sulla storia vera riportata nell’inchiesta The Woman Who Fooled the World (La donna che ha ingannato il mondo) di Beau Donelly e Nick Toscano, Apple Cider Vinegar racconta le trame parallele di Belle e Milla. Lo scopo finale non è narrare la rivalità tra due celebrità dei social network, ma due casi esemplari delle numerose insidie disseminate nel mondo virtuale di internet; nello specifico, di Facebook, Instagram e affini. E, inutile nasconderlo, la storia non parla soltanto di loro: parla di tutti noi.
«Questa è una storia vera basata su una bugia»: questa l’affermazione ricorrente in diversi episodi. Il riferimento è innanzitutto a Belle Gibson, di cui il racconto ricostruisce non solo l’ascesa, ma anche l’origine di quella che è una cronica abitudine a dire il falso, a fingere malanni inesistenti, fatto che nei social network trova un’insospettata cassa di risonanza. Difatti, le menzogne cliniche di Belle non sono altro che una strategia – che la miniserie paragona ad una vera e propria patologia, la sindrome di Münchhausen – per riscuotere attenzione. Studiando le pubblicazioni online di Milla Blake, la fragilissima Belle, da sempre in esasperata ricerca di considerazione, scopre che i racconti di travagli ospedalieri possono innescare reazioni di commiserazione, tradursi in cascate di like e offrire così un surrogato dell’amore. Da qui, la scelta di Belle di trasferire la propria vita sul web, insperato dispensatore di tutto quanto le è mancato nel mondo delle persone reali. Da qui, l’inizio di una carriera di successo fondata sulla storia di un tumore inesistente.
Ma Apple Cider Vinegar riferisce anche di un’altra bugia: quella di Milla Blake, cui vengono – per davvero – trovate metastasi in un braccio. Purtroppo, la soluzione medica che può esserle offerta è una sola: l’amputazione, con inevitabili ripercussioni per il resto della vita. Spaventata, Milla insiste a cercare un’altra via d’uscita, trovandola in siti web di medicina alternativa (con radici nell’esoterismo): poco importa delle dovute verifiche riguardo l’identità degli autori, il loro titolo, le loro prove sperimentali o altro. Per Milla, internet è più affidabile del suo staff medico, da ora suo avversario nella divulgazione del wellness come antidoto al cancro. Ma prima ancora che un’influencer, Milla è una comune utente. E la sua campagna non nasce innanzitutto da una deliberata malafede come quella di Belle: prima ancora di mentire al mondo, Milla mente a sé stessa. Se ai suoi occhi la medicina ufficiale è un sistema di potere nemico dei ricercatori controcorrente, non è in virtù di un’indagine critica, ma di una disonestà di partenza: quella di non ammettere di avere semplicemente, legittimamente, paura.
Tanto Belle quanto Milla faticano ad essere sincere con sé stesse: e così facendo, danneggiano altri, invitandoli a prendere parte al mondo fittizio da loro allestito.
Allestimenti cui internet sembra predisposto: Apple Cider Vinegar mette in guardia non soltanto contro il marketing ingannevole, ma contro il rischio di far della rete un mondo altro, adatto a chiunque non riesca a vivere nel proprio. Difatti, Belle e Milla non parlano il linguaggio del venditore, ma quello del profeta: entrambe promettono un elisir di lunga vita, una magica elevazione dello spirito contestuale alla purificazione del corpo, la trasformazione del mondo in un idillio, il paradiso terrestre.
Non che il profitto non vi abbia alcun ruolo, ma il mercato è solo uno dei tanti complici di un problema dalle radici ben più aggrovigliate e profonde: quando non ci si sente a casa nel mondo reale, quando lo si giudica invivibile, si giunge non a non credere più in nulla, ma a credere a tutto. Apple Cider Vinegar suggerisce quanto è facile che il web si nutra di persone simili, poco abituate a distinguere il vero dal falso. Come quando prelevano o scartano le informazioni contenute nell’immenso magma di internet secondo criteri di comodo: è il caso di Milla, per la quale è scienza solo quanto è conforme ai suoi desideri.
L’interattività della rete consente inoltre di essere vittime e autori di falsità ad un tempo, non ultimo quando l’utente è spinto dal narcisismo, nel senso più ampio del termine. Il profilo fasullo di Belle non corrisponde affatto alla riconquista di un posto nel mondo, ad una liberazione: è soltanto un’ansiogena e stremante gara a contendersi l’attenzione altrui, ricattata dal terrore della propria morte sociale.
Tutto ciò basta a dire quanto si può estrarre dai sei episodi di Apple Cider Vinegar: quanto più non ci si limita a seguire soltanto l’avvincente racconto di una sensazionale frode e del suo smascheramento, tanto più ognuno può riconoscersi in comportamenti che offrono il fianco scoperto agli effetti più velenosi della rete. Ne è prova eminente l’efficacia di quest’ultima nell’approfittare di quell’insopprimibile esigenza umana che è l’essere amati.
Quella di Belle Gibson non è infatti una mera vicenda criminale: è la tragedia di una giovane che pur di sentirsi voluta, trasforma sé stessa in una menzogna vivente. Ed è anche un caso specifico di tragedia dell’ambizione, di quel genere di storia atto a sottendere una precisa domanda: a che serve guadagnare il mondo intero, se poi perdi te stesso?
Marco Maderna