The Crown – Stagione 5


Qualità generale:
Qualità educativa:


IDEATORE: Peter Morgan
INTERPRETI: Imelda Staunton, Jonathan Pryce, Lesley Manville, Dominic West, Elizabeth Debicki
SCENEGGIATURA: Peter Morgan
PRODUZIONE: Left Bank Pictures, Sony Pictures Television, Netflix
ANNO DI USCITA: 2016-in corso
STAGIONI: 5 (10x47-61')
PRIMA MESSA IN ONDA: Netflix
DOVE SI PUÒ VEDERE ORA: Netflix
GENERE: dramma storico-biografico

Età cui è rivolta la serie (secondo noi): >14
Presenza di scene sensibili: alcuni dialoghi di contenuto sensuale; scene di violenza cruenta nell’episodio 6

CONSIGLIATO DA ORIENTASERIE

(trovate la recensione delle stagioni precedenti qui)

 

Gli anni Novanta. Dal governo del conservatore John Major fino all’inizio dell’era Blair. Il primo in sintonia con la regina, il secondo con gli umori della gente, a differenza della regina. La quinta stagione di The Crown  si sviluppa lungo sette anni, un periodo più breve della usuale decade. Per raccontare la crescente solitudine della sovrana, ligia al mandato di custodire quello che la Corona rappresenta. I valori che, sull’esempio della regina Vittoria, fanno l’anima britannica (“costanza, stabilità, calma, devozione…”).
Elisabetta (ora interpretata da Imelda Staunton) continua a sacrificare la passione al contegno, il sentimento alla regola, il desiderio al dovere. Rispetto a se stessa (sopportando la libertà dell’ancor vivacissimo consorte, interpretato da Jonathan Price) e rispetto agli altri (resistendo al divorzio tra il figlio – ha il volto virile di Dominic West – e Lady D – Elizabeth Debicki, che accentua la civetteria del personaggio). Ma i tempi stanno cambiando. Editoria e televisione squadernano livori, bollori e ansie modernizzatrici dei membri di famiglia. Cosa che i sondaggi non condannano come Elisabetta si aspetterebbe. Anche se lo stipendio percepito dalla casa reale resta per l’opinione pubblica materia controversa.

Un complessivo senso di declino…

Il quinto capitolo della serie è attraversato da un senso di declino. La dissezione delle relazioni complicate tra i reali, delle loro vite infelici, non è più nemmeno parzialmente bilanciata da prove di governo sostanziali da parte della sovrana e della politica. Non è data occasione di vedere il legame tra la monarca e i suoi sudditi. Con il che anche il nocciolo drammatico del racconto pulsa di meno. Quella sacralità, quella importanza che agli inizi contrassegnava il trono ­– il suo ruolo nello scacchiere interno e internazionale (la crisi di Suez, il Commonwealth, le lotte sindacali) ­– stinge nella prevalente rappresentazione di un gruppo di famiglia disfunzionale (il nodo principale è naturalmente la fine del matrimonio tra Carlo e Diana). Una tendenza già percepibile nella quarta stagione, che gli sviluppi del racconto hanno accentuato. Le telefonate erotiche a Camilla registrate e finite sui giornali, Filippo che frequenta un’amica speciale, i rapporti nascosti con i giornalisti per lavare i panni in pubblico… L’afflato storico, le note alte, eroiche o tragiche, degli eventi da annali, sopravvivono solo nella sigla iconica, nella profondità della colonna sonora, nei silenzi dolorosi di Elisabetta.

… ma reso in modo esteticamente perfetto

La stagione 5 di The Crown aggiunge dunque qualcosa di importante sul tema che l’ha ispirata? No.
Però, però… la tecnica resta apprezzabile. I contrappunti (l’amore sempre proibito dalla regina alla sorella Margaret e quello concesso alla figlia Anna). I sottili capovolgimenti (le parole di accusa di Margaret che, citate a sorpresa dalla regina, le fanno riappacificare). I dialoghi incisivi e concettualmente eleganti (“Carlo è frustrato perché la Corona assolve a molte delle funzioni di una istituzione inanimata. Lui preferisce essere animato… Ma questo porta dei rischi”). L’angolo narrativo che unisce il pubblico evento noto e quello privato ignoto (l’annus horribilis e il ritorno di Townsend). La varietà compositiva (ogni episodio ha una struttura diversa, si vedano gli inserti con le separazioni di comuni mortali nella puntata su quella tra i reali). La messa in scena che trasuda eleganza. Gli attori che reggono alla grande il primo piano. La squisita cura del dettaglio.
Per questo, ci pare che la serie sia comunque ancora tempo non mal speso.

Paolo Braga

Temi di discussione

  • il rilievo della vita privata dei personaggi pubblici (oppure, il ruolo dei media nel formare l’opinione pubblica);
  • la fragilità dei valori davanti al trascorrere del tempo;
  • il senso del matrimonio.